giovedì 3 aprile 2014

Stressante. Come la guerra. Un video Weast TV.

Nessuno torna a casa uguale dopo essere stato in guerra. Uguale a prima. Sei una persona diversa. Questa volta non parliamo dei civili, che non posso tornare a casa, perché è lì che di casa stanno, dove si consuma una guerra. Parliamo dei soldati. Lo spunto ce lo dà la sparatoria avvenuta nella base americana di Fort Hood, Texas, dove un soldato, Ivan Lopez, ha ucciso sparandogli tre suoi compagni. Pare che ci sia stata una lite, prima. E circola voce che Lopez soffrisse del Disturbo da stress post traumatico (in inglese Post Traumatic Stress Disorder, PTSD). Aveva passato un periodo in Iraq, un turno, come si dice, con la divisa dell'esercito americano. In guerra non c'è nulla che non lasci un segno: un combattimento, una sparatoria, un'operazione speciale, la perdita di un compagno, la consapevolezza (accettata o meno) di avere ucciso dei civili, la constatazione che stai cambiando, che non sei più quello di prima. La paura: forse è proprio questa a cambiarti. Quando un soldato imbraccia un fucile ha paura, ma è una paura diversa. Forse un pilota di elicottero o di caccia non ha paura, troppo lontano, soprattutto l'ultimo. Anche i piloti hanno paura quando sono a terra. È una paura uguale a quella che invade i soldati sorpresi da un attacco mentre fanno ginnastica, o bevono un caffè o scambiano due parole fingendo di essere al sicuro.

La sequenza filmata che vi proponiamo l'aveva girata Gianluca in una base militare americana in Afghanistan. La potete vedere QUI sul nostro canale Youtube. Le immagini iniziano pochi secondi dopo che due razzi sono caduti in rapida successione all'interno della base, annunciati da un fischio terrorizzante, più di un fischio un urlo, terribile, e poi l'esplosione, con l'aria che ti spinge e tu che inizi a correre contando i secondi fino al terzo impatto, corri e ti dici che deve andarti bene, anche questa volta, che sarebbe una cazzata pazzesca se andasse al contrario.

Corri cercando uno dei rifugi creati con quattro blocchi in cemento, e insieme a te corrono soldati in calzoncini e t-shirt, sorpresi dalla minaccia e dalla improvvisa paura della morte. Il rifugio diventa una sorta di casa: quattro pareti domestiche fra le quali sfogarsi e confessarsi. È il caso del soldato con gli occhiali neri (quello che nella sequenza filmata stringe in mano il portamonete, era al bar durante l'attacco): l'audio è disturbato dal rumore degli elicotteri che si sono subito alzati in volo, ma si capisce, si capisce la sua esasperazione, la voglia di tornarsene a casa, di farla finita con questa “merda” (“shit”), la paura di “quei figli di puttana” (“motherfuckers”) che lanciano razzi, paura che diventa espressione fisica nel calcio sferrato a una bottiglietta d'acqua; e poi il ricordo del periodo trascorso in Iraq (a Mosul), paura per la presenza costante degli attentatori suicidi, scene rievocate nel rifugio esterno. È tutto troppo, anche per un soldato.

Nelle parole degli altri soldati il commento dell'attacco appena avvenuto: “ci siamo andati vicini”, "dobbiamo andare a vedere se qualcuno è rimasto ferito, se ci sono dei morti". E il silenzio del giovane soldato afgano, che dapprima cerca di calmare il suo compagno americano mettendogli una mano sulla spalla, poi si ritira. E fuma. E pensa. Infine, dagli altoparlanti, l'”all clear”, il “tuttoapposto”, potete uscire dalle vostre casette in cemento armato. E fare ritorno alla vostra vita di soldati. Che non possono avere paura, non possono ammetterla. Se te la porti dentro corri il rischio che ti spezzi. Per superarla, per vincerla, per fare in modo che se ne vada e ti lasci in pace, ora che sei tornato a casa, questa paura e tutti gli incubi che si porta appresso, per superarla sei pronto anche a tornare indietro, in quel paese dove non si faceva altro che sparare e farsi sparare. Solo che qui sei in Texas. Dove non ci sono nemici. A meno che la guerra ti ha cambiato così tanto da farti passare per nemico, ai tuoi occhi. Nemico di te stesso. E nemici tutti gli altri. Un'allucinazione, che non molla. Bastarda come nient'altro. Troppa roba per un essere umano, la guerra.  

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